L’esperienza del gruppo Moira
Il gruppo clinico sostenuto dall’Associazione Salute Donna è alla sua seconda edizione.
“E’ (stato) il momento della settimana che attendevo con più trepidazione. Per me è importantissimo condividere la mia malattia con chi ha vissuto la ma stessa esperienza e può quindi davvero comprendere cosa provo. Nello stesso tempo mi ha permesso di fare delle riflessioni sul senso di quello che mi è successo e sul fatto che posso trovare dentro di me le risorse per andare avanti. Ho conosciuto delle persone splendide e di questo sono grata”.
La testimonianza di una delle partecipanti al gruppo MOIRA rende molto bene il clima emotivo e la qualità dello sguardo terapeutico che ha caratterizzato il progetto clinico che Salute Donna ha fortemente voluto e sostenuto. Come si può leggere nell’immagine a fianco, la parola Moira è il nome di una cara amica che ci ha lasciato (e alla quale è intitolato questo progetto clinico) ma è anche un acronimo che riassume sia le tecniche psicologiche/psicoterapeutiche utilizzate sia gli obiettivi clinici che il gruppo si è proposto.
Ventotto donne e due uomini hanno chiesto di partecipare alle due edizioni organizzate prima e dopo l’estate di quest’anno. Un gruppo di persone di età compresa tra 40 e 72 anni, con un livello di istruzione elevato e alcune/i ancora professionalmente attive/i.
Trenta pazienti di patologie e fase clinica differente anche se la maggioranza è stata di donne in trattamento per patologia mammaria. Tra queste trenta persone ci sono stati anche pazienti in cura per patologia prostatica, epatica, polmonare e ovarica/uterina. Esperienze solo apparentemente differenti. Le emozioni legate alla diagnosi di malattia, le difficoltà associate al piano terapeutico, il senso di smarrimento e il bisogno di speranza è comune a tutti/e quelli/e che stanno facendo questa esperienza ed emerge in modo chiaro dalle parole che ha scritto un’altra partecipante :” Prendere parte a questo gruppo mi ha aiutata ad aprirmi e a condividere con altri le mie paure e le mie speranze per il futuro. Mi sono sentita capita e non giudicata e, se anche con alcune non avrò più l’occasione di rivederle, resteranno per sempre nel mio cuore”.
Di queste trenta persone quasi tutte hanno portato a termine il percorso clinico che si è strutturato nell’arco di due mesi e che ha previsto 8 incontri di due ore ciascuno. Cinque pazienti non hanno potuto iniziare e/o concludere il percorso per le seguenti ragioni: due hanno avuto molteplici sovrapposizioni con visite e/o terapie e questo ha reso incompatibile la frequenza al gruppo; due hanno fatto i conti con problemi professionali/lavorativi non previsti e un’ultima persona si è ritirata dopo il primo incontro in quanto il livello d’ansia suscitato dal confronto con gli altri pazienti è stato soggettivamente troppo alto. Pur essendo quest’ultimo un evento poco frequente sottolinea la necessità della selezione dei pazienti e la chiarezza dei criteri di composizione del gruppo stesso.
L’esperienza in gruppo ha molteplici vantaggi ma può capitare che nonostante il paziente manifesti il desiderio di parteciparvi le paure e le angosce, se non sono sufficientemente elaborate, possono prendere il sopravvento facendo si che i meccanismi di difesa diventino pervasivi. Sicuramente la partecipazione a un gruppo di pazienti oncologici può essere emotivamente sollecitante a causa dei molteplici aspetti che caratterizzano questa esperienza. Inoltre è da sottolineare che il gruppo inizia il suo percorso clinico e terapeutico partendo dalla consapevolezza del limite e della morte che caratterizza ogni fenomeno biologico.
Tutto è ciclico. Ogni forma vivente è inserita all’interno di un ritmo che disegna una circolarità. Ogni cellula nasce, matura e poi termina il suo ciclo vitale. Per molti esseri umani può essere difficoltoso confrontarsi con questo tema. Ciascuno di noi sa che la vita è un viaggio e che prima o poi finisce. Tuttavia può accadere che nella mente di molte persone questo sia semplicemente un pensiero asettico e separato dalle sue implicazioni emotive. Pur nella consapevolezza della precarietà dell’esistenza se ne diventa emotivamente e autenticamente consapevole soltanto quando c’è una diagnosi di malattia. Da questo punto di vista possiamo affermare con certezza che la malattia oncologica è la patologia per eccellenza che richiama il senso del limite. E’ un fenomeno culturale che si modifica nel tempo e racconta la necessità del genere umano di confrontarsi con questo grande tema che ha stimolato ( e che stimola) tutto il pensiero e l’agire umano.
Durante il gruppo si parla della morte e della paura di morire perché è un pensiero/emozione comune in tutti i partecipanti. La possibilità di trasformarlo in discorso condiviso rende questo tema non solo affrontabile emotivamente ma anche punto di partenza per una riflessione sul senso della vita e delle relazioni. Da questo punto di vista poterne parlare è già di per sé terapeutico e apre lo spazio per affrontare altri temi come : qualità delle relazioni, gli affetti, i progetti, le speranze, i desideri e il senso della propria vita. Soltanto approfondendo la conoscenza di tutte le emozioni che accompagnano il percorso della malattia e delle sue terapie si può trovare la modalità più funzionale per affrontare questo momento.
Questo concetto lo esprime in modo molto chiaro una paziente quando scrive :” E’ stata un’esperienza che ha aggiunto valore nella relazione con i fenomeni, gli eventi inaspettati. Ho capito che “stare” è una cura e che “l’essere” è uno stato della mente oltre che del corpo. E’ stata una proposta di cambiamento di sostanza, profonda e rispondente al bisogno di dare qualità al mio/nostro cammino”.
L’iniziativa clinica si propone di stimolare le risorse in ogni singolo partecipante e a questo si arriva chiarendo dentro di sé tutte le implicazioni associate alla precarietà dell’esistenza. Solo la profonda coscienza dell’esistenza della morte ci fa capire quanto sia preziosa, immensa e importante la vita. A questa constatazione ci si arriva non soltanto attraverso la riflessione e la condivisione ma anche con la meditazione, gli esercizi di rilassamento e le pratiche di consapevolezza/mindfulness. Aver avuto l’opportunità di utilizzare gli spazi del dipartimento di Medicina Predittiva e Preventiva ubicati in cascina rosa ha sicuramente facilitato l’utilizzo di queste tecniche psico-corporee. La bellezza dell’orto sinergico, i profumi delle piante officinali, il silenzio di questo luogo, non lontano dall’istituto dei Tumori, si è rivelato un posto di grande suggestione che ha reso lo stare in gruppo un’esperienza per certi aspetti speciale che viene raccontato in questo modo da una delle partecipanti: “Il significato di appartenere a un gruppo, sentirsi capita, compresa sia mentre si parla ma anche quando si ascolta in silenzio. Essere circondata dalla natura che ti abbraccia; alberi, fiori, uccelli, erba, piante aromatiche, insetti. Confrontarsi con persone profonde, intelligenti, sofferenti ma impegnate nella lotta quotidiana. Stesse paure, angosce, ma insieme ci si sente più forti. Uscire dalla solitudine del malato di tumore per entrare in una dimensione di percorso fisico-spirituale di guarigione, di rinascita, consapevole del qui ed ora. In queste ore tutto il resto sta fuori e rimane l’essenza di noi”.
Nel percorso del gruppo l’espressione aperta dei sentimenti, la condivisione autentica e profonda, la revisione delle priorità esistenziali, la capacità di vivere pienamente il presente nonostante l’incertezza del futuro si unisce ai fattori terapeutici aspecifici che sono presenti in ogni gruppo psicologico. Infatti il gruppo di per sé offre delle grandi opportunità in quanto permette ai partecipanti di apprendere dalle esperienze reciproche, di sviluppare un forte senso di universalizzazione, di stimolare la coesione, di svelare pratiche di sostegno reciproco permettendo l’individuazione non solo di nuove strategie di coping per affrontare la malattia ma anche di favorire il senso della speranza e di una maggiore padronanza degli eventi.
La prossima edizione del gruppo MOIRA è previsto a fine gennaio 2016 .
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